VENERDÌ DELLA
MISERICORDIA
L’immagine dei mezzi militari, che trasportano le bare
verso i forni crematori, rende in maniera plastica la
drammaticità di quello che il Paese vive.
Per il rispetto delle misure sanitarie, tanti di questi
defunti sono morti isolati, senza alcun conforto, né
quello degli affetti più cari, né quello assicurato dai
sacramenti. Le comunità cristiane, pur impossibilitate
alla vicinanza fisica, non fanno mancare la loro
prossimità di preghiera e di carità.
Tutti i giorni i sacerdoti che possono celebrano la
S. Messa per l’intero popolo di Dio, vivi e defunti.
L’attesa è per la fine dell’emergenza, quando si potrà
tornare a celebrare l’Eucaristia insieme, in suffragio di
questi fratelli. Nel frattempo, la Chiesa italiana ha
voluto porre un segno eloquente: Venerdì 27 Marzo i
Pastori si sono recati da soli al Cimitero per un
momento di raccoglimento, veglia di preghiera e
benedizione. Hanno affidato alla misericordia del Padre
tutti i defunti di questa pandemia, esprimendo anche in
questo modo la vicinanza della Chiesa a quanti sono nel
pianto e nel dolore. È stato chiamato “il Venerdì della
Misericordia” della Chiesa italiana, nel quale lo sguardo
al Crocifisso invoca la speranza consolante della
Risurrezione.
Nota della Penitenzieria Apostolica
La gravità delle attuali circostanze impone una riflessione
sull’urgenza e la centralità del sacramento della Riconciliazione,
unitamente ad alcune necessarie precisazioni, sia per i fedeli laici,
sia per i ministri chiamati a celebrare il sacramento.
Laddove i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità
di ricevere l’assoluzione sacramentale, si ricorda che la
contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra
ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono,
accompagnata dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena
possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono di
tutti i peccati (cf. CCC, n. 1452).
Mai come in questo tempo la Chiesa sperimenta la forza della
comunione dei santi, innalza al suo Signore Crocifisso e Risorto
voti e preghiere, in particolare il Sacrificio della Santa Messa,
quotidianamente celebrato, anche senza popolo, dai sacerdoti.
Come buona madre, la Chiesa implora il Signore perché
l’umanità sia liberata da un tale flagello, invocando l’intercessione
della Beata Vergine Maria, Madre di Misericordia e Salute degli
infermi, e del suo Sposo San Giuseppe, sotto il cui patrocinio la
Chiesa da sempre cammina nel mondo.
Ci ottengano Maria Santissima e San Giuseppe abbondanti
grazie di riconciliazione e di salvezza, in attento ascolto della
Parola del Signore, che ripete oggi all’umanità: «Io sono con voi
tutti i giorni» (Mt 28,20).
Dato in Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica,
il 19 marzo 2020
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UNA-CHESA-DI-TERRA-E-DI-CIELO
Vivere il tempo del virus con occhi Quaresimali Questo travaglio mondiale e nazionale cade proprio nel tempo di Quaresima. La Chiesa nella sua storia bimillenaria per questo tempo liturgico ha sempre indicato dei “rimedi”, delle “medicine” per attraversare il deserto quaresimale e giungere, rinnovati e “guariti” dalle nostre ferite, a celebrare la vittoria pasquale: l’ascolto della Parola e la preghiera, il digiuno, la carità. Non potrebbero essere anche queste “medicine” quaresimali ad indicarci come vivere questo tempo così difficile anche per la fede. Si potrebbe “rispolverare” alcune pratiche che ci vengono dalla sapiente tradizione cristiana. Forse allora anche la quarantena potrebbe dire qualche cosa alla nostra quarantina e “costringerci”, come spesso accade quando si è necessariamente ridotti all’essenziale, a riscoprire alcuni elementi fondamentali della fede. Innanzitutto l’ascolto e la preghiera. Non potrebbe essere questo tempo forzato per riscoprire che, secondo il dettato del Vaticano II, la Bibbia deve diventare il nutrimento di tutti? Le famiglie potrebbero trovarsi insieme quotidianamente, prendere le letture del giorno, leggerle, stare un po’ in silenzio e concludere con un momento di intercessione e di preghiera. La Quaresima allora direbbe alla quarantena che è necessario ricordarsi di Dio e che un credente non può vivere questi momenti nella disperazione e ripiegandosi unicamente su sé stesso. La quarantena dice alla quarantina che l’uomo “non vive solo di pane ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Dt 8,3). La quarantena del Covid-19 ricorda invece al credente nel tempo di Quaresima di riscoprire che “preghiera” non è solo Messa, ma che proprio perché la celebrazione eucaristica sia feconda, occorre un ascolto personale delle Scritture e una preghiera non solo comunitaria. Può essere anche il tempo della riscoperta della preghiera in famiglia. Il secondo elemento che la tradizione ecclesiale suggerisce per attraversare il tempo di Quaresima è il digiuno. Si tratta del digiuno vero, quello spazio vuoto che indica una apertura a Dio e agli altri. In questo caso la Quaresima potrebbe dire alla quarantena che questo tempo di “digiuno”, non scelto ma forzato, da tante cose che consideriamo fondamentali nella nostra vita può diventare un tempo per fare spazio alle cose veramente essenziali. Innanzitutto, per un credente, uno spazio per Dio. La necessità di abbandonare tante cose superflue ci fa toccare, forse anche con sofferenza, la fragilità della nostra esistenza e ci guida a riscoprire la possibilità di vivere in un modo differente per fare spazio a Dio. Nello stesso tempo la quarantena può dire alla nostra Quaresima che ci può essere anche un “digiuno eucaristico” che può alimentare l’attesa e la fame di partecipare alla celebrazione eucaristica nell’assemblea liturgica radunata intorno all’altare del Signore. Non potrebbe essere questo “digiuno eucaristico” di oggi, non sconosciuto alla tradizione cristiana, un’occasione per vivere in un modo differente la Celebrazione Eucaristica domani? Inftne l’ultima medicina quaresimale è la carità. La Chiesa ai catecumeni e ai penitenti suggeriva la carità fraterna come medicina dell’anima per guarire e trasformare il cuore. La Quaresima potrebbe insegnare alla quarantena per il Covid-19 che ciò che ci viene chiesto in questi giorni è un atto di carità verso noi stessi e verso il prossimo. Soprattutto verso i più deboli e i più esposti. La Quaresima dice alla quarantena che la responsabilità in questo momento non è solo un fatto di legalità e di civiltà, ma anche di fede. Un cristiano vive tutto questo come esercizio della carità, seguendo le orme di Gesù. La quarantena può dire alla Quaresima di riscoprire una carità concreta che si fa carne nelle scelte concrete di ogni giorno. Se oggi questa carità ha il volto ben preciso dello “stare a casa”, un domani questa medesima carità vorrà dire vivere le scelte della nostra vita non solo dalla prospettiva del “buon cittadino”, ma anche da quella del “buon cristiano”, che non estromette la fede da alcun ambito della propria vita. Ecco il vaccino che la fede ci dona e che non ha bisogno di nessuna sperimentazione. È già stato sperimentato per secoli: l’ascolto-preghiera, il digiuno, la carità. Se come credenti vivremo con fede questo tempo di “prova”, potremo scoprire domani che la quarantena ci ha insegnato qualche cosa, che magari avevamo perduto, sulla quarantina, mentre la Quaresima ci sosterrà nel cammino in questo deserto della quarantena. Se sapremo ascoltare sia la quarantina, sia la quarantena, potremo giungere, rinnovati, a celebrare la Pasqua del Signore. E sarà veramente una Pasqua di Risurrezione! Allora anche le nostre assemblee vivranno la festa del sentirsi nuovamente convocate, magari avendo prima dovuto attraversare il tempo in cui sperimentare un ascolto diverso, un digiuno non scelto ma accolto, una carità autentica.
UN MONACO DI CAMALDOLI
Un messaggio di fiducia nel tempo del coronavirus
I Vescovi della Conferenza Episcopale Triveneto si sono riuniti oggi, 6 marzo, per il loro incontro periodico, presso il Centro pastorale card. Urbani di Zelarino (Venezia) dedicando un ampio spazio dei lavori a condividere valutazioni e impressioni sulle conseguenze ecclesiali e pastorali determinate dall’attuale emergenza coronavirus che sta profondamente toccando e cambiando la vita dei territori e delle Chiese del Nordest e di cui non è ancora possibile prevedere un’imminente conclusione.
In questo momento faticoso e che chiama tutti – come ha osservato ieri il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – ad agire con senso di unità, collaborazione e responsabilità “senza imprudenze e senza allarmismi”, i Vescovi desiderano rivolgere il seguente messaggio alle popolazioni del Nordest:
- Siamo vicini a tutti voi, abitanti del Nordest, di cui condividiamo fino in fondo le preoccupazioni, i disagi e le speranze. In particolare desideriamo esprimere una parola di fiducia e di incoraggiamento nei confronti di quanti sono più direttamente coinvolti o stanno più soffrendo e patendo, nei diversi ambiti di vita, per gli sviluppi così estesi dell’emergenza in corso.
- Come comunità cristiane, specialmente in alcune delle nostre regioni, siamo oggi molto provati nella nostra ordinaria vita ecclesiale e liturgica che è stata alquanto ridimensionata nel rispetto delle disposizioni delle pubbliche autorità e per la volontà di concorrere insieme al bene comune.
- Ci sorregge, però, la convinzione di fede che Dio non fa mancare la sua presenza e il suo aiuto. Anzi, la Divina Provvidenza saprà trarre anche da questo male un bene ulteriore e futuro che ora non possiamo prefigurare ma che possiamo comunque preparare con il nostro impegno responsabile e, soprattutto, con la volontà e la capacità di cogliere questa difficoltà come un’opportunità di grazia, conversione, verifica e revisione dei nostri stili di vita come questo tempo di Quaresima richiede espressamente. Potremo così già oggi iniziare a favorire la comune ripartenza e la riattivazione, appena possibile, di tutti i settori della nostra vita ecclesiale e sociale (dalle relazioni interpersonali all’economia, dal turismo alla vita culturale e ricreativa ecc.).
- L’attuale impossibilità, in molte comunità ecclesiali, di celebrare l’Eucaristia festiva e feriale ci conduca a riscoprire e, quindi, gustare maggiormente la grandezza di questo singolare e supremo dono del Signore Gesù che realmente fonda, forma, sostiene e indirizza tutta la vita della comunità ecclesiale e di ogni cristiano. Nello stesso tempo, tale situazione spinga ad allargare lo sguardo di fede e il cuore dei credenti fino a cogliere tante altre circostanze e modalità utili, opportune e necessarie per santificare la nostra vita: un ascolto più attento della Parola di Dio detta per noi oggi, un tempo più prolungato e intenso di preghiera personale e in famiglia (che rimane luogo principale e favorevole per la generazione ed educazione alla fede e alla vita), un’esistenza più ricca e aperta a gesti autentici, semplici e concreti di carità a favore di chi è più povero, debole, fragile e sofferente; queste persone, oggi più che mai, rimangono segno speciale della presenza di Cristo risorto in mezzo a noi. Tutto ciò deriva sempre dall’Eucaristia e all’Eucaristia invita a tornare.
- Questa vicenda, che coinvolge ormai il mondo intero, ci porta anche ad un’altra riflessione: siamo davvero sempre più interconnessi e necessariamente “solidali” gli uni nei confronti degli altri. Tale epidemia, che si espande in questo villaggio globale e digitale, ci fa comprendere che siamo sempre più “prossimi” e, quindi, corresponsabili gli uni della vita degli altri e perciò ancor più sollecitati ad assumere – personalmente e comunitariamente – scelte, decisioni e comportamenti più stringenti a favore del bene comune. Non dimentichiamo, infatti, anche altre gravi situazioni di sofferenza tuttora presenti nel mondo.
- Assicuriamo la preghiera per i malati e i loro familiari, per i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, per la comunità scientifica e per quanti hanno responsabilità politiche ed amministrative nell’attuale emergenza, con riconoscenza per quanto essi stanno facendo con impegno e dedizione; confermiamo la nostra solidale vicinanza a tutti coloro che sono già ora colpiti dalle pesanti conseguenze provocate sul piano economico, sociale e lavorativo.
- Con forza e umiltà continuiamo ad invocare insieme a tutti voi, abitanti del Nordest, il Signore Gesù – il Crocifisso Risorto, nostro unico Redentore – perché accompagni, illumini e sostenga la vita delle nostre Regioni in questo particolarissimo tempo di Quaresima e ci doni al più presto l’aiuto, la liberazione e la salvezza di cui abbiamo bisogno. Interceda per tutti noi la Beata Vergine Maria, così cara e unanimemente acclamata dalle nostre Chiese e in tanti nostri santuari e territori.
Preghiera per la seconda domenica di Quaresima in famiglia
Preghiera per la prima domenica di Quaresima in famiglia
Preghiera per il mercoledì delle Ceneri in famiglia
Lettera del Papa per la Quaresima
Lettera del Patriarca per la Quaresima
Giornata Mondiale del Malato
Andiamo a Lui, noi che siamo affaticati ed oppressi. Andiamo a Lui, noi che portiamo dei macigni nel cuore, che non capiamo che cosa ci stia accadendo, che non abbiamo ancora saputo risolvere i grandi interrogativi della nostra vita. Andiamo a Lui, noi che siamo sconvolti dalle disgrazie, dalla malattia, dal dolore e dalla sofferenza, dopo averli strenuamente combattuti, dopo averne cercato in ogni modo il «perché» ... perché proprio «adesso», perché proprio a me, perché proprio in questo modo. Accogliamo l’invito che ci viene dal Vangelo di Matteo in questa XXVIII^ Giornata Mondiale del Malato: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28) e cerchiamo di comprenderne insieme il significato. Qual è questo ristoro che Gesù ci offre? Perché dovremmo prestare fede alla sua Parola? Anzitutto perché la sua è una Parola che illumina la mente e apre il cuore. Ci permette l’accettazione della sofferenza con lo stesso spirito con cui egli accettò la sua croce e la morte, ci consente di viverla come tempo di semina condotta nelle lacrime, ma piena di gioia nella raccolta. Inoltre, invita a metterci alla sua sequela, con mitezza e umiltà, per renderci capaci di accogliere con sentimenti di pazienza, dolcezza e perdono anche le situazioni che ci appaiono ingiuste e ingrate, senza lasciarci dominare dalla reazione naturale che induce al rancore, alla rivendicazione, a sentimenti di ostilità. Il dominio su questi moti dello spirito dona tranquillità alla mente e pace al cuore. Andiamo a lui: è il Signore l’unico e il solo che offre speranza, che realizza la salvezza in noi. È lui, il Signore, che può offrire una sosta di ristoro nel difficile cammino della vita. E impariamo da lui ad accogliere con mitezza e con umiltà gli eventi, consapevoli dei limiti che la vita porta in sé, dei limiti che portiamo nel nostro cuore. Imitare Cristo è l’obiettivo della nostra vita: imitarlo nella visione del Padre, nella compassione verso gli uomini, verso la lucida consapevolezza di ciò che siamo chiamati a diventare e a essere. Imitare Cristo significa, concretamente, conoscerlo, far diventare il Vangelo metro di giudizio per ciò che scegliamo e che diciamo.La Giornata Mondiale del Malato ha «lo scopo manifesto di sensibilizzare il popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello soprannaturale, la sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le comunità cristiane, le Famiglie religiose nella pastorale sanitaria. Oggi, undici febbraio, la memoria liturgica di Nostra Signora di Lourdes ci riporta nella piccola località ai piedi dei Pirenei, scelta da Maria per manifestare all’umanità intera la sua materna sollecitudine nei confronti dei malati. Lì, nella grotta di Massabielle, ai piedi della Vergine Immacolata, ogni uomo e ad ogni donna segnati dalla sofferenza e dalla malattia, così come coloro che se ne prendono cura, hanno quotidianamente la possibilità di sperimentare quella consolazione spirituale e quella grazia rigeneratrice che Dio concede, per mezzo di Maria, a quanti la implorano con fede sincera.