Vai al contenuto

Omelia in occasione della Santa Messa in ricordo di David Sassoli del Card. Matteo Zuppi

Ci ritroviamo in una casa cara a David Maria, indicata da lui, in comunione con le “sue” città Roma, Bruxelles e Firenze. Il ricordo di David non poteva non essere così: unisce, supera frontiere, steccati, pregiudizi accettati o giustificati. Chi cerca l’alto, le cose di Dio e quindi quelle degli uomini, va sempre al di là delle frontiere, non solo nelle cose grandi, ma anche in quelle piccole, a cominciare dalla gentilezza, che è il primo modo per superare l’estraneità, per fare sentire l’interlocutore importante, come è. È passato un anno. La memoria segna il tempo e ci aiuta a misurarlo, a viverlo, perché ci ricorda chi siamo. Per questo il ricordo di Gesù, compagno di strada, pellegrino che apre la via percorrendo le nostre vie perché queste non finiscano sulla terra, ci rende consapevoli del tempo, lo riempie di significato perché lo ama sempre e tutto, ci aiuta a discernere i segni dei tempi. Contare i nostri giorni è sapienza di vita, non per intristirla – la depressione viene proprio quando viviamo dissennati, per cui quando finisce l’eccitazione di cronos sprofondiamo nell’amarezza e nella nostalgia – ma per la nostra gioia, perché il rapido giorno della vita non finisca, il sole che lo illumina tramonti in questa ma sorga sull’altra terra, quella del giorno che non conosce tramonto, luce riflessa dalle stelle, che come i nostri cari ci orientano e ci aiutano a penetrare il buio altrimenti insostenibile e inquietante del cielo.
Il tempo guarisce, risolve i problemi? Non è scontato. Ci abituiamo all’assenza? Spesso il tempo, anzi, la rende profonda perché l’assenza la misuriamo senza preavviso giorno dopo giorno, appare improvvisamente nella vita quotidiana cambiata, in un ricordo che si riaffaccia e che ci fa misurare in maniera atroce il vuoto. Col tempo l’assenza diviene più interiore oltre che fisica, certamente più dura, anche per la definitività alla quale ci abituiamo tutti con fatica e non sappiamo accettare. Il tempo, però, ci può aiutare a contemplare la larghezza del grande quadro della vita di ognuno, straordinario capolavoro di Dio, unico se lo guardiamo con amore. Non vogliamo capirne solo il particolare, come quando siamo a ridosso. Il tempo ci permette di distanziarci un poco dal dipinto e di contemplarne tutto l’insieme e collocarlo a sua volta in una cornice ancora più grande, insieme ai tanti cui la nostra vita è legata. Ecco, allora sì, il tempo ci aiuta ad una comprensione più larga, meno limitata, nella grandezza dell’amore di Dio e di tutta la nostra vita umana. L’amore per il Signore allarga sempre il nostro cuore, ci aiuta ad essere fratelli tutti, ad essere e sentirci a casa dappertutto. E anche a fare sentire a casa. E chi si pensa liberamente come deve essere perché figli e non servi, la vita non smette di capirla, pieno dello spirito di libertà, per cui si pensa relativo al prossimo e non viceversa.
David in maniera sorprendente, libera, senza altro interesse che non fossero i suoi ideali, ha lasciato tanti legami, una tela di fili, uniti dal rispetto di tutti, dalla simpatia proprio perché senza vanità e logica di contraccambi, sempre solo con tanta riconoscenza per avere vissuto da uomo vero, appassionato, sempre di incontro e non di scontro. Oggi ci ricorda e ci ammonisce, senza nessuna supponenza ma con tanta travolgente passione, di essere seri, pieni di consapevole amore, di vergognarsi quando la politica è ridotta a interessi miseri che portano inevitabilmente a perdersi. Meno si hanno ideali più crescono i calcoli e le convenienze; meno si guarda in alto più si è trascinati verso il basso e si finisce vittime di questo.  Meno guardiamo avanti e facciamo vincere la paura che ci imprigiona nel presente, incapaci di lavorare assieme. La politica era la sua passione. L’amore politico, quello che lo aveva entusiasmato e coinvolto fin da giovane, ma nel quale è rimasto sempre giovane, anche nel suo aspetto fisico, ingenuo perché non cinico, sognatore perché realista, senza farsi corrompere dalla logica del potere, che accarezza il penoso protagonismo che poi porta a giustificare e praticare la corruzione o la penosa esibizione di sé. L’Europa era la sua casa. Perché aveva ereditato la sofferenza provocata dei nazionalismi, il dolore terribile che questi hanno causato. E i nazionalismi, come i totalitarismi, tradiscono l’amore per il proprio Paese e diventano fonte di tragedie. La guerra è sempre una tragedia, una vera follia, certo, come tutte le follie lucide, con tante ragioni, ma non dobbiamo mai smettere, capendo e rimuovendo le cause, di dire che è una follia, colpevole, con responsabilità terribili precise, personali. Credere alla fine delle guerre non è utopia per generosi animi ingenui, ma lotta di persone intelligenti e libere per un mondo migliore. E se non si lotta per un mondo migliore il mondo sarà peggiore.
Il libro delle Confessioni di S. Agostino accompagnò il suo papà partito in guerra a vent’anni per i Balcani e tornato dopo sette anni con due scarpe destre, vestiti logori, dolori che gli sono entrati dentro e ci resteranno. È vero, la nostra vita è un’eredità, che non possiamo conservare, ma vivere, interpretare, sempre in maniera originale, consapevoli del tanto che abbiamo ricevuto, che rappresentiamo e che dobbiamo donare a chi viene dopo. La consegna di tutta quella generazione è che non avvenga mai più la guerra e la violenza. Inoltre abbiamo anche l’eredità consegnataci da Dio, che rinnova lo spirito di adozione perché diventiamo per davvero suoi figli e quindi fratelli tutti.  Il messaggio per la Giornata della pace di questo anno è chiarissimo: “nessuno può salvarsi da solo”. L’invito è a fare tesoro di quello che abbiamo compreso dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace. Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Scrive Papa Francesco: “Le risposte più efficaci alla pandemia sono state, in effetti, quelle che hanno visto gruppi sociali, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni internazionali uniti per rispondere alla sfida, lasciando da parte interessi particolari”.
Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Solo insieme se ne esce. A Fossoli, nel luglio 2021, David Maria ridava voce a coloro ai quali la voce è stata spenta dalla violenza fascista. È la voce muta degli uccisi, degli innocenti, il grido “viva la libertà, viva l’Italia” spezzato dalle fucilate a Cibeno dove vennero assassinati importanti dirigenti della Resistenza. David Maria ci aiutava a guardare “gli occhi delle vittime, la fissità degli occhi che guardano, ma non vedono”. Sì, gli occhi dell’umanità privata di umanità. E, aggiungeva: “guardate, gli occhi delle vittime sono sempre gli stessi”. Ci aiutava a ricordare che quello che è accaduto “è il risultato di società consapevoli dei diritti, ma incapaci di farli prevalere contro i pregiudizi e gli odi. Società dal temperamento anche pacifista, ma incapaci di sradicare la pandemia della guerra. Società che si credevano migliori del proprio vicino, esasperando un antagonismo che ha trasformato l’amore per la propria terra in nazionalismo fanatico e criminale”. A Cibeno, a Fossoli è accaduto. Può accadere ancora. Dossetti aggiunge anche che la coscienza storica da sola non basta. La nostra coscienza deve essere “vigile”, capace cioè di “opporsi a ogni inizio di sistema di male, finché ci sia tempo”. Senza una ferma difesa dei valori fondamentali, l’Europa perde identità e funzione provocando effetti catastrofici perché solo “le libertà consentono uguaglianza, giustizia, trasparenza, opportunità, pace. E se è possibile in Europa, è possibile ovunque”. Ecco la nostra funzione di sentinelle del domani dei nostri ragazzi. “Non possiamo bendarci gli occhi, perché l’indifferenza porta alla violenza ed “è già violenza”.
Lo abbiamo ascoltato: Cristo vuole ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Gesù libera e si prende cura. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Preghiera e amore per il prossimo. In ogni suo interlocutore Gesù riconosce un’insostituibile ricchezza, una parte di verità e, quindi, il pieno diritto di essere coinvolto in un progetto comune. Sant’Agostino notava come “la sofferenza di un membro diviene minore se insieme con esso soffrono le altre membra”. Il ricordo di David Maria lo porteremo con noi.
La Rosa Bianca, in suo onore ne abbiamo deposta una sull’altare, appassionò David fin da giovane, coinvolgente. Venne condannata a morte per ghigliottina come i “rifiuti della nazione”, insieme ai suoi amici. Erano le stelle del mattino che ci accendono di speranza perché la notte sta per finire. Scriveva Sophie School: “Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie…”. Quante rovine dobbiamo aspettare noi per deciderci? Mentre venne condotto al patibolo Hans School gridò: “Viva la libertà!”. È la nostra! Sophie Scholl, ventunenne, dichiarò: “Dobbiamo per forza occuparci di politica. Finché la politica è confusa e malvagia, è da vigliacchi tirarsi indietro… Bisogna essere pronti a offrirsi totalmente per una causa giusta”. “Cadono così tanti uomini per questo regime, è ora che qualcuno cada perché è contro”. “Strappate il manto dell’indifferenza che avete avvolto intorno al cuore. Decidetevi prima che sia troppo tardi”. Erano cristiani e per la loro fede si coinvolsero per combattere il paganesimo nazista, contro la violenza, la guerra, per la pace. 
Bonhoeffer scrisse una delle sue ultime preghiere-poesie: “Quando il sole mi sarà scomparso vivi tu per me fratello! Lungo disteso sul mio pancale fisso la parete grigia. C’è fuori una mattina estiva che gridando gioia alla campagna non è ancor mia. Fratelli, finché dopo la lunga notte non spunti il nostro giorno, noi resisteremo!”.
Grazie David Maria perché nella lunga notte hai cercato sempre la luce. Come cantava il tuo grande amico: “Bontà e grazie mi saranno compagne quanto dura il mio cammino; io starò nella casa di Dio lungo tutto il migrare dei giorni”. In pace, David Maria, perché il tuo e nostro Signore, nella valle oscura della malattia e della morte, ti è stato sempre vicino e ti ha sostenuto con la grandezza del suo Amore.

Lascia un commento

X